La riconfigurazione di una pluralità di immagini di sé attraverso lo schermo prende sempre più piede coinvolgendo ambiti molteplici. Negli ultimi anni la ricerca è stata rivolta all’indagine delle variegate forme di narrazione autobiografica (campo nel quale i confini teorici tra le diverse accezioni non sono ancora ben definiti) presente nei film di finzione e in alcuni autoritratti (Philippe Garrel e Chantal Akerman) della serie Cinéma, de notre temps. Il rapporto tra parola scritta e immagine filmica ha visto un primo studio della complessa e variegata produzione di Ingmar Bergman (contaminazione tra romanzi, autobiografie, diari e film) nella cui vasta produzione la matrice autobiografica interroga e illumina domande intorno ai processi compositivi. Il cinema di Chantal Akerman è stato studiato per la messa in scena di forme di scrittura privata e per la declinazione del tema delle origini, particolarmente significativo per una regista apolide. L’analisi di Sorelle Mai di Marco Bellocchio è stato inoltre indagato quale espressione “sintomatica” di un sottile e molteplice sconfinamento tra autobiografia, autofinzione e autoritratto.
Altri registi studiati sono stati Eustache, Garrel, Truffaut e Tarkovskij. L’interesse per questo campo d’indagine permane e la ricerca continuerà nei prossimi anni mantenendo contatti di confronto e scambio con colleghi italiani e stranieri, ampliando l’orizzonte anche ad altri apparati visivi.